PUNTO LUCE di Massimiliano Facchini
Un dono esprime materialmente una grande felicità e un oggetto prezioso ne racchiude il valore infinito di tale emozione
Così desideriamo regalare un prezioso a noi stessi o alla persona a cui vogliamo bene o amiamo
Quanti sanno effettivamente determinare il valore di un gioiello?
La stima dipende da vari quattro fattori, tra i quali la purezza dell’oro, il tipo di pietre presenti nell’oggetto e le loro caratteristiche, la lavorazione dell’oggetto, ossia se si tratta di un prodotto industriale o artigianale, l’epoca ed eventualmente la firma del gioiello.
Soffermiamoci sulla prima caratteristica.
La purezza dell’oro
L’oro puro ha un titolo di 999,99 millesimi di purezza, 24 carati (24 kt). Comunemente però i gioielli vengono costruiti utilizzando oro con un titolo di 750 millesimi di purezza ossia 18 kt. Ciò non toglie che si possano trovano oggetti fabbricati con oro che ha un titolo di 12Kt o addiritturase non di 9Kt.
Il carato (Kt)
Il titolo dell’oro, ossia la quantità di metallo puro rispetto al peso, deve essere espresso in percentuale, ovvero in millesimi, ma comunemente si usa ancora la definizione di carato. Il titolo di oro 750 è facile intuire che un oggetto conterrà il 75% di oro puro, se parlo invece di 8 carati non tutti possono sapere che il titolo corrisponde a 333 millesimi.
I titoli più comunemente utilizzati:
– 916 millesimi (22k) nei paesi arabi
– 750 millesimi (18k) in Italia
– 583 millesimi (14k) in Francia, Germania, Inghilterra, USA
– 375 millesimi (9k) nei paesi poveri
Perché usiamo il termine carato?
Nell’antichità si riteneva che i semi del carrubo (in greco «keration») fossero tutti del medesimo peso e quindi venivano utilizzati come unità di misura, termine che poi è arrivato a noi attraverso l’arabo «qirat» che significa «ventiquattresima parte».
Ma perché i carati sono suddivisi in 24 parti?
Dobbiamo rifarci alla «pietra di paragone», una pietra particolare proveniente dall’antica regione della Licia (attuale Turchia) che veniva utilizzata per controllare la purezza dell’oro: sfregando su di essa un oggetto il colore che ne risultava veniva confrontato con uno dei 24 di cui si conosceva la composizione e così se ne determinava il titolo.
Una prima regolamentazione sui titoli utilizzati in oreficeria si deve ad Edoardo I che nel 1300 stabilì di utilizzare la misura di 19,2 carati, per poi passare, nel 1476, ai 18 carati con Edoardo IV
I titoli delle monete
Per quanto riguarda invece i titoli delle monete queste all’inizio erano quasi tutte di oro puro per poi scendere progressivamente ai 22 carati (titolo della sterlina e di tutte le monete in ambito inglese, vedi il sudafricano krugerrand) mentre nel resto dell’Europa, sotto l’influsso napoleonico, si scelse il titolo di 900 millesimi per i marenghi.
Il marchio
Riguardo il marchio va detto che, per legge, deve essere impresso sugli oggetti e sarebbe buona norma abituarsi a controllare, perché il titolo non è uguale per tutti i paesi. Anche in Italia da un po’ di tempo si incomincia a commercializzare oreficeria non più a 750 millesimi ma meno.
Ben venga se si tratta di una soluzione per rendere più accessibile al pubblicoa tutti oggetti preziosi altrimenti difficilmente commerciabili, proprio in virtù del valore attuale dell’oro puro.
Benvenga anche se il cliente ha consapevolezza di ciò, ossia se viene correttamente informato di questo minus valore.
Il fatto è che, ma a volte e specialmente all’estero, si è convinti di fare un buon affare ed invece stiamo acquistando un gioiello che contiene meno oro di quello che pensiamo.