#lintervista di Elisa Giulietti
Alessandro Quarta
Dall’esperienza sul palco dell’Ariston, al nuovo disco, fino alla colonna sonora dei film Disney: fin dove si spingerà ancora il violino di Alessandro Quarta?
Il compositore ci svela i segreti della sua arte in una intervista esclusiva per il Punto News.net
Roma, 26 Giugno 2019 – Dopo la prima collaborazione in occasione del 69° festival di Sanremo, il violinista Alessandro Quarta è tornato ieri sul palco insieme al trio IL VOLO presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma come ospite speciale del loro tour estivo.
Oltre a eseguire insieme a IL VOLO il brano proposto a Sanremo “Musica che resta” e altri brani del loro repertorio, Alessandro Quarta ha presentato i brani “Libertango” e “Fracanapa”, estratti dal suo ultimo album “ALESSANDRO QUARTA PLAYS ASTOR PIAZZOLLA”, con l’accompagnamento del pianista Giuseppe Magagnino.
Tanti altri brani si alterneranno a quelli del gruppo nato con “Grande Amore” nel 2009.
Alessandro Quarta si racconta, come artista e si svela come persona
Quella con IL VOLO è solo una delle tante collaborazioni che Quarta ha intrapreso nel corso della sua lungimirante carriera. Noi de Il Punto News abbiamo avuto modo di sentirlo tra una data e l’altra del tour estivo e gli abbiamo rivolto alcune domande.
Nonostante la frenesia degli impegni lavorativi il compositore si è dimostrato estremamente disponibile a spendere il suo poco tempo libero non solo per raccontarci qualcosa a proposito della sua carriera, ma anche per condividere con noi la sua Grande Bellezza, che è la Musica. Anche noi allora approfittiamo della pausa estiva per metterci in viaggio insieme a lui per arrivare “All’apice dell’emozione”, per citare solo alcune delle sue parole.
Come ti sei avvicinato alla musica e in particolare al violino? Come sono arrivati i primi riconoscimenti?
“Vivo per la musica nel vero senso della frase. Sono nato in una Famiglia di musicisti, a 3 anni ho scelto personalmente di imparare a suonare il violino. Mi piaceva per la forma, oltre al suono naturalmente. Da lì ho intrapreso un percorso classico: a 14 anni ho cominciato a girare il mondo, imparando dai più grandi maestri della scuola russa e diplomandomi già a 16 anni.
“La mia è stata un’infanzia dedicata al violino, al perfezionamento, al sacrificio.”
Come il compositore – continua a raccontare, aprendosi sempre di più alla nostra curiosità, questo percorso di continuo perfezionamento e sacrificio continua ancora oggi ed è ciò che gli consente di portare avanti i suoi progetti e realizzare ciò in cui crede. Oggi non tutti sono disposti a compiere dei sacrifici per portare a termine obiettivi a lungo termine. Sono tutti alla ricerca di scorciatoie e vittorie facili, come egli stesso afferma.
Quali sono stati invece i segreti del tuo successo?
“Credo che il talento non vada da nessuna parte senza un’attenzione maniacale per la cura dei dettagli. Anche il talento più innato e prodigioso non può produrre risultati senza lo studio e l’impegno.”
“Siamo come un pozzo. Perché il pozzo sia profondo e dinamico bisogna scavare, e solo scavando impariamo a conoscere noi stessi, nella nostra ricchezza e nella nostra miseria. Da lì capiamo dove andare a migliorare.”
Ci saranno state delle volte in cui il sacrificio ha cominciato a pesare. Come le hai affrontate?
“La carriera che ho intrapreso mi impone lunghi periodi di solitudine, per esempio negli hotel in cui alloggio durante le tournée, e anche in momenti importanti che tutti vorrebbero trascorrere in compagnia, come Pasqua, Natale, Compleanno… E anche quando la solitudine mi abbatte devo comunque sempre essere carico per esibirmi in teatri prestigiosi”.
“Ma per me non è una sofferenza, è la mia vita, la mia vita dedicata alla musica. E la musica deve far star bene, far ridere, far piangere, far ricordare. Sia colui che la crea che colui che l’ascolta.”
Se ti dovessi rivedere in un bambino che si avvicina, come hai fatto tu, per la prima volta alla musica, qual è il messaggio che vorresti lasciargli?
“Innanzitutto bisogna capire cosa rappresenti per quel bambino la musica. Per molti è un hobby, per altri una ragione di vita. Non basta andare ad un Talent Show per sentirsi dire che si è un artista. Serve studio, perfezionamento, sacrificio.
“Bisogna immaginare il proprio sogno come una montagna. Non bisogna guardare la cima della montagna come qualcosa di irraggiungibile. Se senti che la punta della montagna ti appartiene e sai che il tuo posto è lì, è lì che devi andare.”
C’è tanta poesia nelle tue parole: evidentemente per te fare musica non significa solo prendere uno strumento e suonarlo. Cosa rappresenta per te la musica?
“La musica non è altro che un insieme di emozioni racchiuse in macchie nere posate su pentagrammi. Ed è soprattutto interpretazione: così come una parola detta in un certo modo ti fa capire l’emozione che prova chi la pronuncia, ad esempio se è felice o triste, così è la nota, che è l’emozione che nasce nel cuore dell’artista, ma anche quella che arriva al cuore delle persone. Non bisogna fermarsi all’interpretazione dell’autore ma all’emozione che arriva all’ascoltatore.”
Cosa significa per te essere un musicista?
“Io non mi sento un musicista, ma un pittore: il violino e l’arco sono il mio pennello, l’aria in cui si libera il suono è la mia tela, le emozioni di cui il suono è fatto sono i miei colori. E io come artista non faccio altro che intingere il violino nelle mie emozioni per dipingere nell’aria le immagini che esse creano dentro di me. E un interprete deve dipingere nell’aria attingendo dalla sua tavolozza tutta la sua vita, con i suoi dolori, gioie, ricchezze e povertà.
La musica è un quadro che ti deve far piangere, far star bene, sorridere, amare, perdonare e ricordare. Quando ti arriva un’emozione con un brano è come quando stai in mezzo alla gente e senti un profumo che ti riporta alla memoria una donna che avevi conosciuto e creduto di dimenticare. La musica è un profumo, che passando attraverso tutti i sensi, arriva dritta al cuore e crea emozione.”
“Una vita dedicata alla musica”
Alessandro Quarta, classe 1976, ha suonato come Violino di Spalla, Solista e Arrangiatore con artisti come: Carlos Santana, Laura Pausini, Lucio Dalla, Mark Knopfler, Gianna Nannini, Zucchero, Joe Cocker, Tiziano Ferro, Lenny Kravitz, Robbie Williams e tanti altri. “Il talento, la disciplina e un’attenzione maniacale nella cura dei dettagli”, come egli stesso ha dichiarato ai media, lo hanno portato in tutta Europa, ma anche in America, Cina, Giappone e Medio Oriente, suonando nelle più prestigiose sale del mondo, dall’Opera Garnier di Parigi, al Suntory Hall di Tokyo, dal Teatro Bol’šoj” di Mosca, al Lincoln Center di New York.
Insomma, Alessandro ne ha fatta veramente tanta di strada e il suo violino era sempre con lui. Non appena lo contattiamo insiste subito per darci del tu. Il clima di serenità e familiarità che instaura ci ha spinto a fiondarci nell’intervista con qualche domanda sulla sua vita di questo grande artista, ma che è prima di tutto una persona.
Oltre il “genere musicale e l’etichetta”, per una musica che emozioni, unisca e non divida
Ora che abbiamo toccato il punto più profondo di questo pozzo dinamico, che è l’artista che Alessandro ha costruito su di sé scavando con impegno e sacrificio, siamo pronti per risalire in superficie e andare a vedere quali sono stati i risultati più sensazionali di questo lavoro.
Dopo il successo dei primi due album, “One more time” del 2010 e “Charlot” del 2014, nel febbraio scorso presenta il suo ultimo album: “Alessandro Quarta plays Astor Piazzolla”, già candidato Grammy. Astor Piazzolla è uno dei più noti compositori argentini che ha cercato di rinnovare il Tango alla luce della musica Jazz e Alessandro Quarta, con l’aiuto del suo violino, ne propone un tributo. Tuttavia il violino non ha nulla a che vedere con la musica Jazz.
Da dove nasce l’idea di questa fusione?
“Con il mio ultimo album non ho fatto altro che riarrangiare i capolavori di Piazzolla. Non ho inventato nulla perché ormai nel mondo della musica è già stato inventato tutto.
Quello che semmai oggi noi artisti possiamo fare è riportare in vita ciò che è stato ammazzato.
Oggi dall’alto dei nostri secoli dividiamo la cosiddetta musica colta, ovvero quella scritta come la Classica, da quella leggera, ovvero quella non scritta come il Pop. Ma quando andiamo ad assistere a un concerto, andiamo a provare emozioni, punto. I generi musicali li abbiamo creati noi, essi in realtà non esistono. Non esiste un genere di musica, esiste la musica, esistono emozioni.
Esiste musica bella e musica brutta, non la musica Classica piuttosto che il Pop o il Jazz. E così Piazzolla è stato etichettato all’interno del genere Jazz, così come Mozart nel genere della Classica.
Le etichette finiscono così per creare divisioni tra gli ascoltatori, così come pregiudizi che ad esempio escludono giovani dai teatri: I giovani di oggi hanno paura delle parole “Classica” e “Teatro” e non si rendono conto che quella che chiamano “Musica Classica” è emozione come ogni altro tipo di musica e permea e nutre tutte le altre musiche, ancora oggi così come ai tempi di Mozart.
Dobbiamo usare i cognomi dei musicisti e non i generi musicali, né le etichette, altrimenti così ammazziamo la musica, e con essa il ricordo di coloro che ne hanno creato le basi di cui oggi ogni artista si serve. Siamo nati nel pregiudizio e di esso siamo figli. In pochi hanno il coraggio di dire “Io in questo non credo”. Per colpa di chi non ha coraggio, ovvero la massa, facciamo morire artisti che hanno fatto grandi cose e li releghiamo alle enciclopedie.”
Così con il mio ultimo album dedicato a Piazzolla non ho creato un nuovo genere musicale ma mi sono limitato a far ritornare il Tango alle sue origini, che sono sensualità e
sessualità.
Quando è nato, il Tango lo ballavano uomini nudi davanti a prostitute nei posti più sporchi di Buenos Aires. Piazzolla ha fatto del Tango una valigia piena di nostalgia, tristezza, amore, passione, oltre che sensualità. Io ho riportato il Tango direttamente dove è nato, approfittando di un momento come questo in cui sessualità e sensualità sono diventate un tabù e mi sono servito della musica come unico mezzo di espressione capace di rivolgersi direttamente ai quei sensi che oggi tendiamo a reprimere.”
Dunque l’innovazione che Alessandro ha realizzato è in realtà un processo di ritorno alle origini e di eliminazione di pregiudizi che stanno ammazzando la musica, la storia, la cultura di cui siamo tutti figli.
Qual è il suggerimento che vorresti dare ad un giovane affinché possa riscoprire e riportare in vita ciò che etichettature e pregiudizi hanno ammazzato?
“Il mio suggerimento è quello di andare oltre i nomi e fortunatamente oggi con Internet abbiamo la possibilità di farlo. Apri Spotify, cerca una playlist di musica classica e non ascoltare ciò che senti con l’orecchio ma ascolta le emozioni che senti con il cuore. Dimentica nomi e immagini comunemente associate alla figura di un artista perché non c’è nulla di più bello di quando un artista ti porta nel suo mondo e tu glielo lasci fare.
La musica è come un aereo che ti porta alla scoperta di nuovi mondi: mentre fluttui tra le note del brano ci sono emozioni, solo le tue. Poi quando scendi dall’aereo e finisci di ascoltare, le elabori, cerchi di capire cosa hai provato e cosa ha provato l’artista durante il suo viaggio. Ecco che ti ritrovi nel suo mondo, un mondo nuovo, magari più bello di quanto ti aspettavi.
Così io chiedo di aprire i teatri ai giovani, vestiti come vogliono loro, senza Frac, perché il teatro deve essere il luogo in cui si provano emozioni liberamente attraverso la musica.”
“La musica è libertà”
Cosa significa fare arte?
Fare arte dunque, sostiene l’artista salentino, significa creare una dimensione di libertà, che consenta di frugare senza inibizioni all’interno di tutto il nostro spazio interiore e che lo permetta tanto ai fruitori di quest’arte quanto a chi la crea. Un impegno non facile da prendere, alla luce dei nostri tempi in cui la prospettiva del guadagno si sovrappone all’obiettivo di fondo dell’arte, quello cioè di creare bellezza.
Ce lo spiega sempre Alessandro:“Fare l’artista significa avere il coraggio di essere se stessi e non fare in modo di far ascoltare al pubblico il brano che vuole sentire. È troppo facile fare quello che gli altri vogliono. Certo così il successo è assicurato, ma quando lo fai l’indomani si scordano di te. Quando fai qualcosa in cui credi veramente, non perché vuoi diventare famoso ma semplicemente perché vuoi fare ciò che ami, anche rischiando di non piacere, allora sei un artista completo.
D’altra parte hai la certezza che la bellezza che crei è qualcosa di autentico. Le persone che vivono in questo baratro culturale, inoltre, sono capaci di riconoscere quando la bellezza è autentica, ed è quella ad essere realmente riconosciuta. E il riconoscimento più grande che un artista può ricevere è quando un altro artista gli chiede di collaborare con lui, come è successo con IL VOLO o con Roberto Bolle”
La collaborazione con Il Volo
Attualmente Alessandro collabora con il trio IL VOLO, che quest’anno festeggia i 10 anni di attività.
Anche i ragazzi de IL VOLO si sono impegnati, un po’ come lei, ad adattare la musica Classica e Lirica a quella Pop, creando una commistione di melodie che in qualche modo rompe le barriere musicali di cui si parlava prima.
Come è nata la vostra collaborazione?
“A Gennaio ho eseguito davanti a 5 milioni di telespettatori il brano “Dorian Gray”, che ho composto per lo show di Roberto Bolle andato in onda su Rai Uno “Danza con Me”. Tra quei telespettatori c’erano anche i ragazzi de Il Volo, che l’indomani mi hanno chiamato per suonare con loro a Febbraio sul palco di Sanremo. È stato un onore ricevere quella telefonata da loro, che sono l’esempio di quanto impegno e dedizione siano essenziali per far progredire un talento.”
Come riuscite a fondere insieme questi vostri talenti?
“Proprio perché fare musica è essere liberi, noi la pensiamo così allo stesso modo che non abbiamo bisogno di provare.
Sul palco mi basta improvvisare nei loro brani, seguendo la loro strada musicale e lasciandomi trasportare verso la punta della montagna, verso l’apice delle emozioni”
Ma il talento di Quarta non si ferma alle esibizioni dal vivo e arriva anche sul grande schermo. Ha infatti partecipato a scritture di musica inedita per film della Disney e RaiCinema.
È attualmente impegnato nella scrittura delle colonne sonore per 4 film internazionali, tra cui un film del regista Premio Oscar Anthony Lamolinara, che ha già diretto “Spiderman 2”.
Come cambiano i tuoi ruoli dal momento in cui ti esibisci come accompagnatore a quello in cui componi colonne sonore per film? Da dove trai l’ispirazione per accompagnare le scene di un film piuttosto che la voce di un cantante?
“Non ci sono distinzioni. La musica è sempre una colonna sonora di una storia, sia che io esegua un brano, lo interpreti o scriva una colonna sonora di un film. E per qualsiasi brano ho bisogno di una storia già fatta, anche mia, un mio desiderio, una fotografia sotto le mani… Questa storia devo poi rappresentarla nell’aria. Con un film il processo è identico ma richiede un’attenzione in più: se in questo brano io vedo il mare e chi ascolta vede la montagna, io ho sbagliato. Mentre nel film l’immagine è oggettiva, l’immagine che l’artista ti fa vedere è rischiosamente molto soggettiva. Dunque in questo caso l’immagine interpretativa deve essere oggettiva per tutti.”
Musica, poesia, filosofia: in poche parole Alessandro Quarta
Chissà fino a che profondità scaverà ancora nel suo pozzo. Nel frattempo a noi non resta che tenerci sintonizzati sulle date del suo prossimo tour.
il 9 luglio al Parco di Nervi di Genova, il 13 luglio al Moon & Stars Festival di Locarno, il 14 luglio all’Ippodromo di Maia di Merano (Bolzano), il 16 luglio all’Arena della Regina a Cattolica (Rimini), il 23 luglio al Teatro Antico di Taormina (Messina), il 27 luglio al Fossato del Castello di Barletta (Barletta-Andria-Trani), il 28 luglio in Piazza Duomo a Lecce, il 30 luglio all’Anfiteatro La Civitella di Chieti il 24 settembre all’Arena di Verona